3^ Assemblea costitutiva Fisac Cgil Unicredit: Documento Congressuale

3^ Assemblea costitutiva Fisac Cgil Unicredit: Documento Congressuale

Ricostruire il Futuro in Unicredit – Lavoro e Sindacato dopo l’emergenza sanitaria

PREMESSA

La Terza Assemblea Costitutiva dei Coordinamenti di Gruppo della Fisac/Cgil di UniCredit si colloca in un momento particolarmente critico della storia del nostro Paese. Siamo infatti entrati da più di un anno in una crisi pandemica mondiale, che certamente ci porterà a vivere la più grave crisi economica dal dopoguerra, con ripercussioni adesso prevalentemente sanitarie, ma che purtroppo presto apriranno una crisi sociale ed occupazionale senza precedenti. A differenza della crisi economica dei subprime del 2008, la pandemia COVID-19 ha messo in luce punti di forza e di debolezza delle società e delle economie europee e la resilienza nel rispondere a una crisi che sta gravando sulla salute pubblica e continuerà ad avere ripercussioni sulla stabilità globale, tanto che ancora non riusciamo a prevederne appieno le conseguenze sulla situazione economica mondiale.

Nonostante queste sfide, gli stravolgimenti che stiamo vivendo ci possono offrire l’occasione, attraverso il recovery plan, per far ripartire quelle priorità, quelle tendenze positive, che possono contribuire a rendere le società e le economie europee più inclusive, sostenibili e resistenti agli sconvolgimenti futuri. Questa la sfida che l’Europa e l’Italia hanno davanti per uscire dalla crisi, ricercando una crescita più equa e orientata sul lungo termine, che punti su determinanti fattori di cambiamento quali la trasformazione verde delle produzioni industriali e l’utilizzo della digitalizzazione quale acceleratore per migliorare la vita delle persone e non solo per aumentare la produttività del lavoro.

CONTESTO INTERNAZIONALE

In questo anno di Pandemia Mondiale abbiamo assistito ad un calo del PIL GLOBALE dell’8,8% con delle differenze sostanziali tra le varie potenze mondiali; la Cina, nonostante sia stata la prima a chiudere il paese, con un quarto trimestre positivo chiude il 2020 con un incremento del 2,3%. Mentre gli Usa calano del 3,5%, l’Europa segna una pesante diminuzione del 7,4%. All’interno dell’Europa, l’Italia fa ancor peggio con una diminuzione del PIL del 9,5%.

Per noi diventa quindi di fondamentale importanza un utilizzo intelligente dei 209 miliardi relativi al Recovery Plan, che faccia prevalere gli investimenti in infrastrutture avvicinando il sud al resto del paese, investendo in economia verde e colmando l’arretratezza digitale, tutti fattori determinanti per una crescita equilibrata del paese nel suo complesso, che metta al centro la redistribuzione del reddito e l’occupazione stabile.

I governi devono essere consapevoli che la speranza dei cittadini del campo progressista, che ha sconfitto i populismi in America, in Europa ed anche in Italia, non va delusa.

IL SETTORE CREDITIZIO E FINANZIARIO

In questi ultimi anni il Sistema Creditizio Italiano ha affrontato una ristrutturazione pesante, mettendo in campo numerose operazioni patrimoniali, riducendo sensibilmente l’incidenza dei crediti deteriorati e realizzando numerose operazioni di fusione che hanno comportato una sensibile riduzione dell’occupazione, attraverso piani industriali basati sul taglio dei costi, in particolare quelli del personale. La ristrutturazione non è terminata e porterà il sistema ad avere pochi player che potranno competere a livello europeo ed internazionale. Il “risiko” bancario, ripartito di recente, dovrà anche trovare soluzioni per aziende creditizie in difficoltà, in particolare per quanto riguarda il Monte Paschi di Siena. Solo un sistema bancario rigenerato potrà aiutare il Paese nella ripartenza supportando le aziende che sapranno innovarsi nel prodotto e nel processo.

Gli Istituti di Credito dovranno essere parti della soluzione, non del problema, com’è stato nella precedente crisi, anche indirizzando, attraverso le necessarie garanzie pubbliche, parte del risparmio (incrementato notevolmente durante la pandemia) verso gli investimenti necessari alla crescita economica. Essere riusciti a rinnovare il CCNL in fase pre- pandemica, tenendo fermo il perimetro contrattuale e con un importante incremento economico, ci permette ora di affrontare la ristrutturazione digitale accelerata dalla pandemia, guardando alle sfide future.

Quella più importante è certamente la discussione che dovrà aprirsi con ABI sulle modalità lavorative da remoto, che spinte dalla sempre maggiore digitalizzazione dei processi, porteranno ad una nuova organizzazione del lavoro. Il sindacato, con coraggio, dovrà affrontare nuove sfide per perseguire la riduzione dell’orario di lavoro e la costruzione di percorsi professionali che coniughino la produttività alla qualità di vita delle persone.

IL GRUPPO UNICREDIT

In questo contesto UniCredit attraversa una crisi di governance e di strategia che hanno visto le dimissioni del CEO J.P. Mustier e l’individuazione di una nuova guida che dovrà traghettare il Gruppo nel post pandemia.

Innegabili i meriti di Mustier, rispetto ad un risanamento centrato attraverso il Piano Industriale Transform19 (una ricapitalizzazione “monstre” pari a 13 miliardi, la sistemazione dei crediti deteriorati, ma anche la pesante vendita dei gioielli di famiglia) che ha rafforzato il patrimonio e portato il Core Tier 1 oltre il 15%. Ma qui iniziano i problemi di Mustier che, lo scorso anno, con la presentazione del nuovo piano industriale non ha convinto nessuno. Senza un credibile progetto industriale, infatti Team 23 prevede un piano di crescita interna, basato sulla stabilità dei ricavi ed una accelerazione della digitalizzazione.

Il rapporto con gli azionisti, già incrinato dal problematico andamento del titolo, si è rotto sul tema delle acquisizioni future, che vedono il nostro maggior competitor ISP acquistare Ubi Banca e noi al palo, che diciamo no ad operazioni domestiche, ma siamo incapaci di chiudere operazioni di respiro europeo.

Con l’arrivo del nuovo Presidente e del nuovo A.D. molte fonti ci avvicinano al Monte dei Paschi di Siena. Certamente Unicredit non potrà restare fermo, ma MPS è un boccone troppo grande anche per Unicredit. La soluzione, in questi casi, non può che essere sistemica e coinvolgere quindi l’intero sistema bancario italiano.

Certamente, con la nuova Governance, sarà possibile che il Gruppo voglia rivedere anche i presupposti del piano industriale Team 23, in questo anche aiutato dalla crisi pandemica.

Sarebbe l’ennesima revisione del Piano Industriale, varato nemmeno due anni fa; serviranno nuove strategie per il futuro e quei segnali di discontinuità per ridare fiducia ai mercati e prospettive di rilancio e di sviluppo, tali da garantire stabilità occupazionale e condizioni di lavoro dignitose. Non accetteremo ulteriori tagli occupazionali, eventuali ulteriori uscite dovranno essere sostituite parimente da altrettante assunzioni, in un rapporto uno ad uno, con un rilancio delle attività e dei ricavi.

Non è di buon auspicio che, come primo atto della nuova Governance, sia stata definita una remunerazione elevatissima per il nuovo CEO, pari complessivamente a 7,5 milioni annui (di cui 5 milioni completamente svincolati dal raggiungimento di risultati/obiettivi economici/patrimoniali e non soggetti ad alcunb obbligo di restituzione), in spregio ai principi etici e morali che hanno contraddistinto Unicredit in questi anni ed in forte contraddizione con le situazioni di seria difficoltà economica, determinata dalla pandemia, nei paesi in cui opera il Gruppo.

In tale scenario sono necessarie scelte coraggiose anche sul piano delle Relazioni Sindacali. Senza nulla togliere allo spessore delle Relazioni Industriali sin qui realizzate e alla qualità degli Accordi sottoscritti, non è più possibile limitarsi a contrattare le ricadute di scelte strategiche aziendali. Occorre un confronto serrato sulle scelte strategiche, rispetto all’apporto che UniCredit intende dare allo sviluppo del Paese: dal credito alle imprese,

alla valutazione del rischio, alla gestione del risparmio dei cittadini, ai nuovi prodotti e servizi. Va confermata la scelta “one bank, one team, one Unicredit”, mantenendo e rafforzando l’attuale perimetro e le aziende che lo compongono. Una eventuale strategia di cessioni ed esternalizzazioni di Lavoratori /Lavoratrici e attività, troverà, come nel passato, la più ferma opposizione del Sindacato. Continueremo a seguire le vicende aziendali delle cessioni avvenute e del relativo rispetto delle tutele e delle garanzie occupazionali che il sindacato di Unicredit ha saputo, nel tempo, contrattare per le lavoratrici/tori coinvolte/i.

Il confronto dovrà avere al centro il modello di servizio che si intende affermare: è ormai evidente che l’azienda pensa di sostituire progressivamente la rete fisica degli sportelli con canali evoluti ed alternativi alle filiali. In questa fase l’accelerazione della rivoluzione digitale sta vedendo il completo abbandono di molte aree del paese, a partire dal meridione e dalle zone interne. Invece diventa per noi necessario un governo sostenibile della digitalizzazione che veda il necessario mix tra rete fisica e rete virtuale in un’ottica di valorizzazione delle professionalità, anziché come leva per ridurre gli occupati.

Dovremo anche definire le nuove regole del Lavoro Agile, rimanendo all’interno del CCNL, nella consapevolezza che questa modalità lavorativa ci potrà permettere, attraverso la riqualificazione professionale del personale di rete, di evitare lo svuotamento occupazionale dei territori stessi.

La Fisac/Cgil è pronta a promuovere questo ulteriore salto di qualità nelle Relazioni Sindacali e ad assumere i rischi della “digitalizzazione”, consapevole che comporterà una rivoluzione nel modo di lavorare.

L’altra sfida che la Fisac/Cgil intende assumere è quella della “produttività”. La creazione di ricchezza, unitamente alla sua distribuzione, è un tema che ci riguarda.

A questo proposito tanto lavoro è stato fatto, ma ancora molto dovremo lavorare per fermare le pressioni commerciali indebite divenute, ormai, insostenibili, odiose, lesive della dignità e della professionalità, controproducenti rispetto ad una logica di sostenibilità nel tempo dei risultati.

Solo attraverso la contrattazione della Digitalizzazione e del Lavoro Agile e lo stop alle pressioni commerciali indebite potremo migliorare le condizioni ed il clima lavorativo oggi deteriorato ulteriormente anche da questa preoccupante pandemia.

Infine, dobbiamo produrre il massimo impegno nella verifica puntuale degli accordi sottoscritti, per evitare che gli ottimi risultati della contrattazione continua, non producano gli effetti desiderati …

[continua in allegato]

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