Ci è stato segnalato da più parti che l’azienda sta contattando uno ad uno i colleghi per i quali sono stati riaperti i termini per accedere all’esodo ai sensi dell’accordo 1 febbraio 2018, per invitarli ad aderire.
L’invito iniziale si trasforma in forte sollecitazione e, in caso di diniego del collega (del tutto legittimo, dal momento che l’accordo ha assicurato la volontarietà), in una minaccia più o meno esplicita di trasferimento, minaccia che, in moltissimi casi, poi si realizza.
Le segnalazioni si sono intensificate negli ultimi giorni e ci sono pervenute da tutto il territorio nazionale, è pertanto evidente che non si tratta di iniziative dei singoli HR.
Siamo già intervenuti denunciando e stigmatizzando questo comportamento, che rappresenta una evidente e inaccettabile forzatura, e abbiamo chiesto di farlo cessare. L’azienda ha risposto che si tratta di leve gestionali, utilizzate nell’ambito delle previsioni del CCNL, noi abbiamo sostenuto che siamo invece in presenza di vere e proprie ritorsioni, dal momento che i trasferimenti coinvolgono, guarda caso, SOLO colleghi che hanno deciso di non aderire all’esodo.
Per prima cosa ricordiamo che sia la legge – art. 2103 c.c. – che il CCNL pongono a carico dell’azienda l’onere di provare quali esigenze tecniche organizzative e produttive giustifichino il trasferimento ad una unità produttiva situata in un comune diverso; in secondo luogo, sempre il CCNL prevede che “… nel disporre il trasferimento l’impresa terrà conto anche delle condizioni personali e di famiglia dell’interessato”. Sono previste, inoltre, norme che prevedono il consenso del lavoratore per trasferimenti a lunga distanza, e cioè:
– Per le aree professionali: oltre i 30 km e se il lavoratore ha compiuto 45 anni di età e maturato 22 anni di servizio;
– Per i QD1 e QD2: oltre i 50 km e se il lavoratore ha compiuto 47 anni di età e maturato 22 anni di servizio.
Stiamo assistendo, inoltre, a trasferimenti a lunga distanza – anche 100 km – di lavoratori inquadrati QD3 e QD4 che vengono oltretutto demansionati. Denunciamo questa decisione aziendale che è miope, in quanto oltre a mortificare le professionalità, sancisce la rinuncia, di fatto, a valorizzare il patrimonio di competenze esistente.
Invitiamo i colleghi coinvolti in primo luogo a rivolgersi al proprio rappresentante sindacale in caso di violazione delle norme contrattuali, ma soprattutto a richiedere formalmente all’azienda di comprovare quali siano le esigenze tecniche, organizzative e produttive a supporto del trasferimento stesso.
Ribadiamo che sia la legge che il CCNL pongono a carico dell’azienda l’obbligo di dimostrare che proprio quel lavoratore, e non un altro che svolga analoghe mansioni, deve andare nella nuova destinazione
Aggiungiamo, però, che quand’anche l’azienda si muovesse all’interno delle previsioni del CCNL e di legge, il problema resterebbe.
I motivi per i quali un collega decide di non aderire al Fondo di solidarietà sono i più vari e hanno a che fare principalmente con la sfera personale/familiare. È una scelta che va in ogni modo rispettata, e il rispetto è dovuto sia al lavoratore che alle organizzazioni sindacali che hanno sottoscritto l’accordo 1 febbraio 2018 attraverso il quale è stata garantita l’assoluta volontarietà.
Se ciò non avviene, come non sta in questo caso avvenendo, se questa libera scelta si traduce in una successiva “punizione” per il lavoratore, ci troviamo in presenza di un fatto grave, mai verificatosi in precedenza, che rischia di deteriorare pesantemente il clima all’interno dell’azienda.
Se poi dovessimo verificare che le leve gestionali – cioè i trasferimenti – sono state utilizzate esclusivamente nei confronti di coloro che, avendo i requisiti, hanno deciso di non aderire all’esodo, cadrebbe l’alibi delle esigenze tecniche, organizzative e produttive.
Invitiamo i colleghi a non cedere alle forzature aziendali e diffidiamo l’Azienda dal mettere in atto le minacce in corso, venendosi altrimenti a vanificare l’efficacia degli accordi sottoscritti, ma anche gli impegni futuri che ci attendono.
Segreterie di Gruppo
UniCredit Fabi First/Cisl Fisac/Cgil UilCa Unisin
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