Lettera ai colleghi di Unicredit Private Banking

Caro collega,
prendiamo spunto dallo sciopero dichiarato in UniCredit Banca in data 1° settembre 2008 per le eccessive pressioni commerciali e la cronica carenza di organici nella rete per iniziare una riflessione sui problemi che l’attuale crisi economica ci sta ponendo.

Ad una prima analisi, le pressioni commerciali e i tagli di organico, quasi tutti derivanti dall’ultimo piano industriale di gruppo, possono sembrare strumenti con obiettivi diversi (uno mira ad aumentare la redditività, l’altro a tagliare i costi) mentre, nella realtà dei fatti, l’obiettivo è comune: massimizzare il profitto aziendale a scapito del benessere sociale e ambientale, non solo dell’azienda ma anche del contesto territoriale in cui essa opera.

Stiamo vivendo una crisi bancaria che qualcuno ostentando ottimismo attribuisce ad altri, pur sapendo che ogni attore del sistema finanziario ha finora beneficiato della redditività degli innumerevoli prodotti, ideati e moltiplicati con effetto leva da un’ingegneria finanziaria spregiudicata e cinica.
La crisi, infatti, ha messo, e sta mettendo, in luce tutta una serie di criticità derivanti dall’affermazione di una logica finalizzata esclusivamente al raggiungimento del budget ad ogni costo.

Soprattutto in questo contesto, riteniamo non sia corretto aumentare i profitti immediati; la fidelizzazione della clientela è un bene più prezioso e nel medio-lungo periodo può apportare benefici ben superiori e più stabili. “Creare valore è giusto ma valore non è solo guadagno, a maggior ragione non è solo guadagno subito; valore soprattutto non è solo denaro, ma è anche fiducia, sicurezza, benessere, serenità, coraggio, collaborazione, solidarietà, sussidiarietà” (dalla lettera di un collega del gennaio 2008).

L’impresa deve ovviamente guadagnare denaro ed accrescere il profitto, in quanto condizione necessaria all’esistenza della stessa, ma tale obiettivo deve essere governato dalla necessità di dedicare attenzione, risorse ed energie non solo agli azionisti ma ad un insieme composito di persone che hanno rilevanza nella realtà delle aziende, ovvero i clienti, i dipendenti, la comunità in cui opera, l’ambiente, in una parola gli stakeholders.
Questa preoccupazione deve permeare tutta la linea gerarchica, facendo sì che il giusto sprone al raggiungimento del budget non diventi una pressione e che la vendita dei prodotti suggeriti sia comunque subordinata alle reali esigenze del cliente.

Nonostante il contesto sfavorevole, pare infatti che UPB possa ancora raggiungere gli obiettivi prefissati, eventualmente rallentando nel fine anno le attività non strettamente commerciali, favorendo così una maggiore focalizzazione sul business.
Sarebbe questa un’ulteriore conferma che il primo pensiero di chi dirige l’orchestra non è tanto l’armonia degli orchestrali, né tanto meno il piacere di chi ascolta, bensì il numero di paganti presenti in sala!

Chiudiamo, per ora, la riflessione, invitandoti a condividere con noi le tue considerazioni ed eventuali preoccupazioni, dichiarando come sempre la nostra disponibilità all’ascolto ed al confronto.

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