Non ci siamo proprio

Martedì 18 settembre ci è stata data una comunicazione che riteniamo di particolare gravità.
Ne parliamo ora perché nelle giornate del 18, del 19 e del 20 siamo stati ininterrottamente impegnati nella negoziazione (conclusasi positivamente) del nuovo Contratto Integrativo: su questa seconda vicenda stiamo preparando un comunicato a parte.
Ciò che ci è stato detto si può riassumere in poche parole: i lavori del Credoc e le residuali attività del Correspondent Banking più le lavorazioni del reparto Incassi Elettronici di Contabilità e Servizi diversi di Portafoglio (collocato a Bodio) verranno integralmente trasferiti a Bucarest.
Ciliegina sulla torta: è stata ufficialmente aperta la Sede romena di Iasi, della quale assolutamente nessuno sentiva la necessità e di cui si continua a sapere molto poco.

La comunicazione non ci è piaciuta ( e l’abbiamo duramente contestata) sotto diversi profili.

Il modo in cui è stata gestita evidenzia un grave disallineamento tra la Direzione del Personale e la Produzione: da un lato, i responsabile del Personale affermano, e successivamente confermano, che si è ancora nella fase progettuale e che l’operazione andrà in porto agli inizi della prossima primavera. Sarebbe semmai ipotizzabile qualche fisiologico slittamento, come classicamente avviene in queste circostanze. Dall’altro lato, agli uffici interessati è stato detto che tutto verrà completato in tempi molto più brevi: entro il 2007.
Da un lato i responsabili del Personale affermano che, se non sono stati ancora indicate le modalità di impiego sostitutive per i colleghi interessati, c’è comunque la volontà di individuare le soluzioni meglio compatibili con le conoscenze professionali dei singoli. Viene anche confermata la volontà di inserire l’operazione all’interno di un quadro concordato di tutele e garanzie. Dall’altro lato, negli Uffici sono state lanciati dirompenti inviti al “si salvi chi può”, alimentando irragionevolmente tensione e panico, quasi a voler trasmettere un subliminale invito aggiuntivo ad aderire al Piano di incentivazione.
C’è una furbizia sui tempi: si infilano queste operazioni nel 2007 (anche se le si completerà nel 2008) e si cerca così di anticipare il rinnovo del Contratto Nazionale e i vincoli dell’ art. 10 dell’accordo del 3 Agosto sulla fusione con Capitalia: entrambi si prefiggono, anche se con diversi tagli, di porre qualche paletto e qualche garanzia rispetto alle delocalizzazioni di attività all’estero. Sbrigarsi finché si è in tempo, risparmiare più che si può sul costo del lavoro: questa è la parola d’ordine.

Si smentiscono affermazioni più volte ripetute: eravamo stati noi del Sindacato a denunciare che la costituzione di una B.U. come quella del Trade Finance fatta da un solo Ufficio (il Credoc) era un semplice preannuncio di una imminente chiusura. Ci è stato più volte ripetuto che il Trade Finance si sarebbe addirittura ampliato in Italia. I fatti hanno smentito le affermazioni aziendali.
Ci avevano assicurato, a proposito del Correspondent Banking, così come di altre numerose attività, che un presidio sarebbe comunque rimasta in Italia. Anche qui i fatti smentiscono le affermazioni aziendali.
Per quanto riguarda il trasferimento degli Incassi Elettronici, si tratta di un’assoluta novità. In nessun incontro ci era mai stata prospettata una eventualità di questo genere.

Questa comunicazione si inserisce in un quadro che è già drammatico di per sé.
Sono mesi che si va avanti nell’incertezza: lavori che si muovono da un Polo all’altro per rincorrere e tamponare voragini che si aprono in continuazione; lavori che migrano definitivamente verso l’economico polo di Bucarest (del cui organico abbiamo chiesto il dettaglio, insieme con il riepilogo dei lavori trasferiti) e, tra un po’, probabilmente verso quello ancora più economico di Iasi; settori praticamente azzerati come i Titoli; enorme incertezza sul futuro di intere BU come Finance; progetti di esternalizzazione delle Carte verso Società dedicate.

Ci mancava pure il trasferimento delle lavorazioni di una settantina di colleghi cui nessuno, al di là delle encomiabili buone intenzioni, sa davvero, ad oggi, che cosa far fare.

Non è un mistero per nessuno che il prossimo Piano Industriale scaricherà i suoi effetti un po’ ovunque, ma sul nostro Polo lo farà in modo particolarmente pesante.
Se qui a Cologno vogliono azzerare (o quasi) il Polo, sappiano che non sarà facile.
Il Sindacato c’è ed è fortemente motivato a gestire i processi di trasformazione, anche difficile, riuscendo però a tutelare le lavoratrici e i lavoratori.
Ma non possiamo starci se il gioco diventa quello di un lento sfogliare il carciofo, giorno per giorno, fino al punto in cui non c’è rimasto più niente.
Già parlavamo, qualche tempo fa, di “allarme rosso”. Stanno maturando i tempi per alzare il tiro.

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