I rubinetti della matrioska

In un incontro tenutosi in data 19 settembre tra Direzione di UPA ed Organizzazioni Sindacali, in contemporanea con riunioni gestite dai Capi-area e rivolte ai lavoratori della PU Estero-Finanza, si è tentato di fare un quadro della attuale struttura della nostra Società e dei carichi di lavoro in queste attività.
Ne è uscito un quadro disorganico e parziale che, anziché offrire elementi di certezza e rasserenare gli animi, ha ulteriormente alimentato inquietudini e timori.
La descrizione dell’operazione in corso sembra il film di un percorso ad ostacoli.
Dunque: alla luce della business continuity, cioè dell’esigenza di assicurare comunque l’operatività – anche in situazioni di emergenza – in settori individuati come strategici da Bankitalia, l’Estero di Torino, che doveva chiudere ed invece non chiude più, agirà da ufficio aperto con l’Estero di Milano. Il termine ufficio aperto dovrebbe indicare una semplice versione aggiornata (ma aspettiamo conferme) dei vecchi COT: i contingency teams. Le attività interessate, che configurano comunque un effettivo trasferimento di lavori da un Polo all’altro, sono quelle di Credoc, Cae e Girofondi che rappresentano, per Torino, attività nuove. In più Torino fungerà da ufficio aperto con Bucarest sui Bonifici Estero: è una parziale novità cui guardare con un certo interesse. Tra queste 4 attività, verranno coinvolti, a regime e cioè a Febbraio 2007, una quarantina di colleghi.
E Milano? Cosa rimane sotto la Madonnina, adesso che anche tutta l’attività di IPE e una ulteriore parte di quelle di Regolamenti all’Ingrosso vengono trasferite a Bucarest e 3 lavori vengono condivisi con Torino? Nessun problema: arrivano all’IPE da Verona le CVS e, se i conti non tornano, si fa una bella spazzolata degli Interinali (ora si chiamano lavoratori somministrati ma non è cambiato niente). Ma anche così il bilancio tra attività in uscita ed in entrata è di segno negativo.
E sull’Adige, a Verona? Lì abbiamo già portato a casa il Modes (le operazioni “Italia” del Corporate prima svolte da UniCredit Banca) dopo che Verona ha ceduto la Grande Distribuzione Organizzata a Torino e Trieste e le Agevolazioni a Torino.
E via di questo passo, con triangolazioni di lavori tra i Poli, in un elenco che comporterebbe pagine e pagine. Ma che cos’è tutto ciò? Un sogno, un incubo, una presa in giro, una rincorsa affannosa a far quadrare un cerchio che, per definizione, non può essere quadrato? Purtroppo è semplicemente la realtà.
Il fatto è che UPA appare sempre più come una matrioska, la bambola russa che è facile scomporre ma difficile ricomporre, per il semplice fatto che le sono stati applicati quattro flussi le cui leve sono in mani di altri: principalmente della Direzione della Divisione Global Banking Services (GBS) in cui sono state organizzate tutte le funzioni di supporto al business bancario di Gruppo: risorse umane, IT, organizzazione, processi operativi e logistici, gestione degli immobili.
Un primo flusso immette in UPA, con criteri spesso misteriosi (o forse troppo chiari) lavoratori rivenienti dalle mille operazioni societarie infragruppo di cessioni di rami di Azienda, nelle quali UniCredit si è particolarmente distinta in questi anni.
Un secondo flusso immette in UPA un po’ di lavoro che riusciamo a raschiare agli altri: meno male che c’è e tanto di cappello a chi si spende su questo terreno.
Un terzo flusso ci porta via lavoratori e lavoro ed il Sindacato riesce a negoziare un buon accordo solo dopo lotte durissime (la vicenda 2S).
Il quarto flusso (ma è un’idrovora cha fa paura ed è la madre di tutti i problemi) ci porta via lavoro e lo dirotta a Bucarest, città che ormai contende a Milano la palma di primo Polo di Upa. Questo processo di svuotamento progressivo dei Poli italiani appare in continua accelerazione. L’allegria suicida con cui, in Italia, si lavora su questo fronte è per noi motivo di continua meraviglia.
Il risultato? Incertezza, confusione, conti che non tornano, professionalità buttate alle ortiche, defunzionalizzazioni, lavoratori delusi e frustrati, copertine che, a furia di tirarle di qua e di là, alla fine si rompono.
Per questo abbiamo ancora una volta ribadito le nostre preoccupazioni e la nostra contrarietà rispetto ad un progetto complessivo che vede, come elementi caratterizzanti, la certezza del lavoro che va via e l’incertezza del lavoro che arriva.
Abbiamo dunque chiesto, una volta di più, che il quadro complessivo ci venga dettagliato volta per volta, anche perché ciò che bolle in pentola (piano industriale ed integrazione con HVB, attività dei cantieri per individuare lavorazioni ulteriori da trasferire a Bucarest, possibili ricadute sull’area “Finanza” derivanti dal processo di integrazione di tutto l’investment banking di Unicredit Group nella stessa Divisione) non ci lascia per niente tranquilli.
Qualora vi fossero difficoltà nel governare il processo di sostituzione dei lavori che UPA intende esportare a Bucarest, deve essere consentita e pianificata un’opportuna ricollocazione dei lavoratori da UPA verso le Reti commerciali del Gruppo, nelle quali il Sindacato continua a denunciare carenze di organici (in alcuni casi anche gravi).

GIUSTIZIA RIPARATIVA: nel corso del medesimo incontro, la Direzione ha illustrato i termini generali della cosiddetta “giustizia riparativa” e le modalità con le quali essa sarebbe stata presentata, il giorno 20, a tutti i colleghi.
Così come già fatto dal Sindacato di Gruppo nelle opportune sedi, abbiamo riconfermato la nostra ferma contrarietà all’impianto complessivo della Carta di Integrità e ai suoi strumenti attuativi (ombusdman e facilitatori della composizione del conflitto): un tentativo del Gruppo di autoassolversi, di “chiamarsi fuori”, delegando a strutture “terze” la conciliazione dei conflitti quasi che, nel loro insorgere, esso non avesse responsabilità alcuna.
I lavoratori percepiscono queste iniziative, così come altre del recente passato, come inutili, controproducenti e perfino ridicole. Ricordiamo che l’attivazione della procedura è del tutto volontaria e che basta l’indisponibilità di una delle due parti a bloccarla.
Per conto nostro, monitoreremo l’evolversi della situazione con particolare riguardo alla possibilità che questa procedura possa diventare sostitutiva rispetto alle normali e collaudate forme di tutela dei reali interessi e diritti dei lavoratori.

Sono stati infine affrontati due importanti problemi.
Il primo: l’individuazione della nuova sede del Polo di Verona. Ci è stato confermato che la decisione al riguardo non è stata ancora assunta e che si sta lavorando su diverse alternative. Abbiamo raccomandato all’Azienda di tenere in considerazione i problemi relativi ai trasporti pubblici, ai parcheggi e alla mensa.
Il secondo: l’eventuale concentramento del mandato informatico delle Tesorerie in alcuni Poli dedicati, con un possibile ridimensionamento degli altri. La Direzione si è impegnata ad acquisire la necessaria documentazione onde poter confermare (o smentire) a breve questo progetto.

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