UNICREDITO ITALIANO: NOI NON CI POSSIAMO CONTARE!

Abbiamo appreso ieri i brillanti risultati raggiunti dal Gruppo Unicredito nell’esercizio 2005.
Migliora l’utile netto del 19,4 %, migliora il margine d’intermediazione, il margine d’interesse, migliora il dividendo.
L’unica cosa che non migliora è la distribuzione di reddito ai dipendenti, i quali non beneficiano in alcun modo della messe di successi che il Gruppo raccoglie.
Anzi, nell’ultima riunione, il C.d.A. ha deliberato un aumento di capitale gratuito a favore del Top Management e ha approvato un nuovo piano di incentivazione con l’assegnazione, al Top Management, di stock option e performance share collegate agli obiettivi di Piano Strategico, ma nulla è previsto per la totalità dei dipendenti.
Eppure esiste un accordo sindacale che, in presenza di una delibera favorevole del C. d. A., regola le modalità dell’erogazione delle azioni a tutto il 2006.
Tradotto in modo chiaro: il Piano di Azionariato diffuso non è stato riproposto, con una grave perdita economica per tutti i colleghi.
E’ un fatto gravissimo, che una volta di più toglie la maschera a questo gruppo per quanto riguarda la considerazione nei confronti dei propri dipendenti.

Le motivazioni addotte non ci convincono.
In primo luogo, l’Azienda sostiene che, con i nuovi criteri contabili IAS, il riconoscimento delle azioni ai dipendenti avrebbe comportato un aumento del costo del personale, ma è quanto meno bizzarro che lo si “scopra” solo adesso, a IAS conosciuti e adottati da tempo; che con l’introduzione dei principi contabili internazionali l’assegnazione di azioni diventasse costo del lavoro lo si sapeva da mesi. Perché allora l’Azienda, conoscendo questi problemi, non ha ricercato una soluzione condivisa con il Sindacato?
Evidentemente la trasparenza non fa più parte del modo di relazionarsi con dipendenti e OO.SS.
Ma ancora più singolare è che si finga che questa motivazione non valga per le decisioni assunte a favore del Top Management. Il dubbio è che, almeno in parte, ci troviamo di fronte a una specie di “partita di giro”, di un Robin Hood alla rovescia: quello che risparmio da una parte (la quasi totalità dei dipendenti) lo concedo a pochi altri (il Top Management).
L’altra motivazione è ancora più incomprensibile: l’allargamento del perimetro del Gruppo che, in Europa, arriva a contare 140.000 dipendenti.
Evidentemente abbiamo capito male quando, nella lettera di Alessandro Profumo e Dieter Rampl, alla partenza dell’integrazione con HVB, leggevamo:
“stiamo creando qualcosa di assolutamente nuovo: una realtà in cui si incontreranno circa 140.000 persone con linguaggi, religioni e stili di vita diversi. Siamo fermamente convinti che il primo e più importante impegno di ciascuno di noi sia quello di confrontarsi con tali diversità senza pregiudizi e con la consapevolezza che dall’integrazione delle culture e delle esperienze possono nascere delle straordinarie opportunità di arricchimento”.
A distanza di pochi mesi abbiamo capito che l’unico “arricchimento “ evidente è quello di pochi manager ottenuto sulla pelle di tutti gli altri lavoratori.
Non dimentichiamoci, a questo proposito, la vicenda di Banca 2S (e altre analoghe in preparazione): un’attività molto redditizia che viene venduta, incamerando una grossa plusvalenza e, al contempo, buttando fuori 374 lavoratori dal Gruppo.
Non dimentichiamoci nemmeno gli esuberi annunciati dall’operazione HVB, con cui presto dovremo fare i conti in tutta Europa e chiediamoci se ha senso continuare a farci spremere come limoni per la gioia dei nostri manager.
Non erano sicuramente questi i risultati che ci aspettavamo da questa operazione: pensavamo fosse giusto estendere ai lavoratori dei paesi meno avanzati in tema di politiche del lavoro, i diritti ottenuti attraverso lotte e sanciti con validi accordi. Invece vediamo vanificate le nostre conquiste, senza che altri lavoratori ne traggano alcun beneficio.
Questa NON è un’operazione che si muove verso l’integrazione delle culture dei popoli, ma, come altre, mira all’incremento della ricchezza dei soliti pochi eletti.
Occorre rilevare, inoltre, che dal 1° Maggio il Gruppo ha deciso di peggiorare ai dipendenti le condizioni di tenuta conto e gestione deposito, equiparandole sostanzialmente a quelle applicate al resto della clientela.
Ci troviamo, evidentemente, di fronte ad una nuova linea imprenditoriale, che fa dell’attacco all’occupazione, alle condizioni lavorative e retributive dei dipendenti un nuovo modo per gestire le attività del gruppo, al fine di raggiungere gli obiettivi di crescita della redditività. Ovviamente questa nuova linea nessuno ha avuto il coraggio di spiegarla al sindacato e ai dipendenti.
E’ uno stato di cose che stiamo denunciando da tempo, ma questa operazione rappresenta la goccia che colma il vaso definitivamente.
Non è più tollerabile continuare su questa strada che offende l’impegno quotidiano di tutti i lavoratori e le lavoratrici. A breve le scriventi OO.SS. si riuniranno per dare l’adeguata risposta.

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