In genere il mondo si divide tra chi vede il bicchiere mezzo pieno e chi lo vede mezzo vuoto. In UPA il problema non c’è perché, andando avanti di questo passo, tra un po’ resterà la bottiglia quasi vuota e solo il fondo con qualche traccia di liquido.
L’ultima novità, dopo uno stillicidio continuo in tutta l’Area Estero-Finanza, è il progetto di spostare in Romania la riclassificazione dei bilanci, un lavoro che i nostri colleghi (una ventina dell’Ufficio Finanziamenti) hanno svolto con tale impegno e dedizione da meritarsi il plauso della Rete e potersi candidare ad allargare ed arricchire il perimetro delle lavorazioni svolte.
Evidentemente ormai non basta nemmeno più lavorare bene e sodo. Il lavoro te lo portano via comunque. Non basta la vendita di 2S ai francesi; non bastano i piani vuoti; non basta far parte di una PU (Finanziamenti e cassa) che finora era abbastanza al riparo da trasferimenti all’Estero. Ormai non ce n’è più per nessuno.
Il danno e la beffa: dopo le nostre numerose denunce, la riclassificazione dei bilanci ci era stata presentata dall’Azienda proprio come uno dei lavori acquisiti per compensare la perdita verso la Romania! Ma chi si può più fidare? E adesso? Come bilanciamo questa perdita ulteriore?
Tutti pronti a riempirsi la bocca della “centralità di UPA” e tutti pronti ad affondarla ogni giorno un po’ di più.
Ovviamente l’unica spiegazione del progetto consiste nel fatto che gli stipendi romeni sono più bassi. Ci avevano raccontato che in Romania andavamo a portare civiltà e progresso.
Ci si lamenta che la gente non abbia più voglia di ridere, che la preoccupazione sia diventata il sentimento dominante e che, appena se ne presenta l’occasione, si tenti di andarsene da un’altra parte. E perché dovrebbe essere diverso?
Ci si dice che “sta arrivando tanto di quel lavoro che non ne abbiamo nemmeno idea”. Chiaritecela, questa idea, fateci vedere il lavoro e poi ne riparliamo.
A proposito della riclassificazione dei bilanci, sul tappeto c’è una proposta del tutto condivisibile: mandare a Bucarest solo il lavoro “aggiuntivo”, cioè quello che la professionalità dei nostri colleghi potrebbe conquistare; tenere in Italia il lavoro che viene svolto ora. Sarebbe già così un sacrificio: mi sono conquistato quote aggiuntive di lavoro e me le sfilano subito per mandarlo via. Ma almeno, in Italia, una ventina di colleghi non verrebbero lasciati a spasso o riciclati a fare non si sa bene che cosa.
Vedremo se si avrà quel minimo di buon senso necessario a compiere una scelta non bellissima ma almeno ragionevole.
Intanto aspettiamo con ansia di sapere che tegola ci capiterà sulla testa per le sinergie dei back-office di HVB e nostro. Quale altro asset varcherà le Alpi?
Se, invece di perdere tempo in schede valutative che hanno solo l’effetto di indisporre i colleghi, si cominciasse a parlare di cose serie, e cioè di come si mantengono le promesse del lavoro che deve arrivare, sarebbe certo meglio per tutti.
La continua emorragia di lavoro verso la Romania e la cessione di 2S Banca costituiscono elementi di forte preoccupazione che rafforzano i motivi della mobilitazione in corso.
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