Le Segreterie di Gruppo hanno riesaminato, nei giorni scorsi, la questione della cessione di Banca Depositaria.
Dalle riunioni, recentemente tenutesi tra management e lavoratori nelle diverse Società interessate dal progetto, non sembrano siano emerse novità in grado di modificare il giudizio, nettamente negativo, più volte manifestato dal sindacato.
Lo ricordiamo nei suoi tratti generali.
Abbiamo anzitutto criticato il metodo (l’anticipazione giornalistica) con il quale il progetto è stato a suo tempo presentato.
Ma ne abbiamo soprattutto criticato il merito: non è accettabile che 400 dipendenti del Gruppo vengano ceduti a non si sa quale altra azienda (si parla di banche estere), per sostenere la liquidità del Gruppo dopo l’operazione HVB, ovvero perchè Banca Depositaria non sarebbe più core business per il Gruppo.
Per quanto riguarda l’aggregazione con HVB, anche se è innegabile la rilevanza dell’operazione, è altrettanto vero che a nessuno sfuggono le pesanti ricadute negative sul piano occupazionale, in Italia, ma soprattutto in Germania, in Austria, in Polonia e nei paesi della New Europe. Su questi aspetti il confronto sindacale è solo agli inizi, ma se il primo atto, dopo l’annuncio dell’operazione, è la cessione fuori dal Gruppo di attività e dipendenti, il segnale che si dà ai lavoratori, alle lavoratrici e al sindacato non è certo di distensione e volontà di un positivo dialogo.
Anche per questo chiediamo a UniCredito di risolvere eventuali problemi di liquidità con altre soluzioni, che certo esistono, che non prevedano l’uscita di lavoratori e lavoratrici dal Gruppo.
Evidentemente le motivazioni suddette non hanno altra giustificazione che non sia quella dettata da ragioni di profittabilità economica, peraltro in un Gruppo con un Roe già al 20%. E’, quindi, del tutto chiaro che, stando così le cose, si apre un pericoloso processo nel quale diventa legittima l’esternalizzazione di qualunque attività venga ritenuta, volta per volta, interessante o meno sul piano dei ritorni nel bilancio aziendale e ciò contraddicendo anche i principi di Responsabilità Sociale cui il Gruppo sostiene di ispirarsi.
Giustificatissima è dunque la preoccupazione diffusa tra i dipendenti di tutte le Società del gruppo: oggi a te, domani a me in un processo del quale è difficile individuare la fine.
Inoltre l’uscita dal gruppo potrebbe significare la perdita per centinaia di lavoratori e lavoratrici della sicurezza del posto di lavoro e dei trattamenti economici normativi acquisiti, determinando un gravissimo precedente per l’intero Gruppo con evidenti conseguenze negative sui processi di mobilità infragruppo che in questi anni hanno guidato la razionalizzazione delle strutture e il contenimento dei costi.
Si determinerebbe cioè uno strappo in quel percorso fatto di impegno, responsabilità e accordi sindacali che in tutti questi anni ha consentito di tenere insieme i dipendenti del Gruppo e di portare UniCredito ai risultati che oggi può vantare, grazie al determinante apporto di tutti i lavoratori.
Ricordiamo inoltre che, per quanto riguarda UPA (sul piano dei numeri la società maggiormente interessata alla programmata esternalizzazione) questa operazione si assomma ad una situazione di sofferenza, vera e palpabile, che nasce dalla delocalizzazione di numerose attività in Romania: progetto che avanza in tempi rapidi e contraddice in modo palese la centralità produttiva di questa società, più volte ribadita dal Gruppo.
Sulla scorta di queste motivazioni, le Segreterie di Gruppo hanno deciso di proclamare uno sciopero delle strutture interessate (poli UPA di Torino e Milano, Pioneer di Torino, ufficio GIS della Holding) e, allo scopo, hanno avviato le necessarie procedure contrattuali e di legge.
Le scriventi Segreterie intendono sostenere questo sciopero con varie iniziative che coinvolgano i lavoratori e le lavoratrici dell’intero Gruppo e con una manifestazione pubblica a Milano.